
Dall’unione di due mondi – la ristorazione vissuta sul campo e la psicologia del lavoro studiata all’università – nasce Restworld, una startup innovativa che punta a rivoluzionare il recruiting nel settore dell’ospitalità. A raccontarci l’evoluzione di questo progetto è Luca Lotterio, co-fondatore e CEO, selezionato da Réseau Entreprendre Piemonte per il suo percorso di crescita imprenditoriale.
Ha lavorato in tanti ristoranti e studiato psicologia del lavoro: da dove è nata l’idea di creare Restworld?
Tutto è partito dalla mia tesi di laurea. Tornato dal mio secondo Erasmus, durante una lezione sulla selezione del personale, il docente usava come esempio un ipotetico ristorante di Carlo Cracco. Ho deciso di approfondire questo connubio tra psicologia del lavoro e ristorazione. Ho intervistato e fatto compilare questionari a 100 ristoratori, e poi a 100 lavoratori del settore. È emerso chiaramente un disallineamento culturale tra domanda e offerta: non mancano le persone né le aziende, ma c’è sfiducia, disillusione, tossicità ambientale, lavoro nero. Restworld nasce nel 2020 per affrontare questi problemi, valorizzando le realtà virtuose e offrendo lavori dignitosi, non qualunque lavoro.
Restworld è nata in un periodo molto difficile per la ristorazione, quello del Covid. Com’è stato l’inizio e cosa vi ha aiutato a non mollare?
Abbiamo aperto due settimane prima del lockdown. Paradossalmente, eravamo ancora troppo piccoli per “farci male”. Non avevamo costi fissi, non ci pagavamo nemmeno. Il mercato, invece, era impazzito: i ristoranti volevano mandare via lo staff, non assumerlo. Ma è stata una svolta culturale. Sempre più persone hanno capito che certe condizioni non erano più accettabili. Quando la ristorazione è ripartita, tutti hanno avuto bisogno di personale. E noi eravamo lì, pronti.
In poche parole, come aiutate i locali a trovare personale? E cosa cambia rispetto alle agenzie di lavoro “tradizionali”?
Prima di tutto, il nostro team commerciale ascolta e valuta le aziende, anche in termini di legalità e coerenza interna. Se tutto è in regola, viene acquistato uno “slot di ricerca” valido per un ruolo e della durata di un mese, con un Customer Success Manager dedicato. Dopo questo primo passaggio, vengono autogenerati annunci strutturati da inserire in un database contenente oltre 200mila profili e da ripostare automaticamente su diversi canali (Indeed, Bakeca, Subito, Infojobs…); grazie all’intermediazione di ambassador locali, inoltre, gli stessi vengono diffusi via Whatsapp e Telegram. Chi si candida a quell’offerta specifica verrà poi profilato con sistemi automatizzati e intelligenza artificiale e avrà sempre a disposizione un servizio di assistenza. Rispetto alle agenzie, siamo 10 volte più economici, più rapidi, e molto più orientati alla qualità del matching.
Usate dei sistemi digitali per trovare le persone giuste per ogni lavoro? Se sì, in che modo?
Sì. Il nostro algoritmo, dopo aver confrontato i curriculum e gli annunci con oltre 2.000 casistiche, genera in automatico domande personalizzate per ogni candidato; lo stesso avrà la possibilità di riceverle e rispondere via WhatsApp. A fronte della valutazione delle risposte, abbiamo appurato che nel 96% dei casi la nostra AI ha dato risultati migliori rispetto a un selezionatore umano. Il tutto è continuamente aggiornato con una knowledge base per evitare bias: la tecnologia serve a dare risposte puntuali, non impersonali.
State iniziando a entrare in altri Paesi europei. Qual è il primo obiettivo fuori dall’Italia?
Offrire a chi lavora in Italia la possibilità di fare esperienze all’estero. Lavoriamo con ristoranti italiani in Francia, Spagna, Germania, Irlanda, Norvegia, Austria, Olanda, Giappone e Dubai. Oltre 30.000 persone nel nostro database sono pronte a spostarsi: noi creiamo quel ponte.
Secondo lei perché oggi è così difficile trovare personale nei ristoranti? Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?
Perché molti ristoratori non fanno impresa: sanno cucinare o servire, ma non gestire persone. Un’impresa è fatta di relazioni e valorizzazione del capitale umano. Senza questo, non si va lontano.
Che tipo di persone cercate per il team di Restworld?
Cerchiamo persone che vogliano cambiare la cultura della ristorazione. Oggi lavoriamo con 1.000 ristoranti, ma quando saranno 30.000 potremo avere un impatto reale. Crediamo che la ristorazione possa essere un lavoro non solo dignitoso, ma anche di classe se gestito nel modo giusto. E vogliamo dimostrarlo riqualificando le professioni e sensibilizzando sul cambiamento del mercato del lavoro.
Avete raccolto fondi da investitori. Che consigli darebbe a chi ha una startup e vorrebbe fare la stessa cosa?
Gli farei capire che l’idea, da sola, conta fino a un certo punto. Occorre testare e attivarsi per realizzare qualcosa di concreto: l’obiettivo deve essere quello di dimostrare, a chi crede in te, di avere un prodotto o un servizio funzionante, che può crescere e avere margini di miglioramento.
Come riuscite a essere una startup tecnologica, ma allo stesso tempo restare vicini alle persone con attenzione alle loro storie?
Attraverso un software che permette alle persone di ottenere facilmente quello che vogliono: grazie al nostro sistema, chi si candida riceve sempre un feedback personalizzato, anche quando non è adatto; questo meccanismo permette di evitare le tipiche situazioni di stress legate alla ricerca di lavoro, superando il senso di inadeguatezza. In quest’ottica, anche se spaventa, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale per migliorare l’esperienza umana e anche le agenzie per il lavoro dovranno evolversi.
Secondo lei cosa significa essere imprenditori nel 2025?
Significa creare legami dove non esistono e contribuire alla crescita culturale della società. In particolare, nel mio caso, far evolvere il mondo della ristorazione.
Nella sua vita, personale e lavorativa, ha avuto un mentore o una fonte d’ispirazione?
Ne ho sempre avuti perché ti aiutano a capire le strade da non percorrere e ad adattarti al meglio ai cambiamenti che la gestione di una startup inevitabilmente comporta. In questo momento i miei riferimenti sono Matteo Telaro, esperto imprenditore e formatore del settore che mi aiuta a riflettere e migliorare, e la professoressa con cui preparai la mia tesi di laurea Anna Maria Castellano, che mi aiuta a farmi le domande giuste.
Quali sono le opportunità che una startup deve saper cogliere nel 2025?
Testare l’idea “manualmente” con un MVP e, una volta ottenuto un riscontro positivo sul mercato, automatizzare la maggior parte dei processi senza perdere qualità. Ma, soprattutto, adattarsi rapidamente al cambiamento.
Se non fosse diventato imprenditore, cosa avrebbe fatto?
Probabilmente avrei continuato a lavorare nel campo della psicologia aziendale: non solo nel settore HR, ma anche in quello del marketing che mi ha sempre affascinato molto. In ogni caso, credo che avrei cambiato spesso azienda perché mi sarei sentito un po’ “stretto”.
Qual è stata una delle decisioni imprenditoriali più difficili che ha dovuto prendere, e cosa ha imparato da quell’esperienza?
Licenziare metà del team nel 2022, quando stavamo iniziando a strutturarci. Eravamo appena cresciuti a 16 persone, ma non avevamo più fondi. Questa è stata sicuramente la parte più “scomoda” del mio percorso.
Qual è il valore di Réseau Entreprendre che più ti rappresenta?
Il valore delle connessioni. Avere accesso a un network di persone e conoscenze rende più facile trovare risposte alle proprie domande.
Perché una startup dovrebbe farsi accompagnare da Réseau?
Sempre per le connessioni, senza dubbio. Un buon network è un acceleratore incredibile.
Che sogni ha per il futuro di Restworld e per quello personale? Come si mmagina la vostra crescita da qui ai prossimi anni?
Oltre ad ampliare la nostra sede da Open Incet e centrare i nostri obiettivi legati al recruiting, più in generale voglio che Restworld diventi una leva di cambiamento per l’intero settore. Quando avremo un peso importante potremo davvero contribuire a realizzare i cambiamenti strutturali necessari agendo sui contratti nazionali di lavoro, sulla formazione e sulla consapevolezza. Il mondo della ristorazione è bello ma gestito male, sono convinto che Restworld possa fare la differenza anche come movimento culturale.